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11 maggio 2017

Niente assegno di mantenimento a chi può mantenersi da solo

Per avere l’assegno di mantenimento non conterà più la sproporzione di reddito rispetto al tenore di vita goduto durante il matrimonio ma l’impossibilità per il coniuge economicamente più debole a procurarsi da solo un reddito.
Addio assegno di mantenimento all’ex coniuge solo perché più povero: da oggi in poi non conterà più la differenza di reddito tra moglie e marito al momento della separazione e del successivo divorzio, ma il fatto che il richiedente non sia oggettivamente in grado di mantenersi da solo. E se l’assenza di redditi dipende da inerzia o da mancanza di volontà a trovare un lavoro, il giudice dovrà negare l’assegno di mantenimento. A contare non è più la semplice sussistenza di una differenza economica tra i due ex coniugi, ma l’assenza di redditi o l’incapacità a procurarseli.  l’assegno di mantenimento resterà ad appannaggio ancora delle casalinghe che, per scelta condivisa da entrambi i coniugi, hanno rinunciato a una carriera per occuparsi del ménage familiare e consentire all’uomo di concentrarsi a tempo pieno nella propria attività professionale, imprenditoriale e/o lavorativa. Ora il trattamento, che ha «natura assistenziale», spetta in una misura che va ragguagliata «all’indipendenza o autosufficienza economica» dell’ex coniuge che lo richiede.
In altri termini, la posizione dell’ex moglie (o, anche se più raramente dell’ex marito) senza reddito o con il reddito più basso viene equiparata a quella dei figli: finché questi non hanno la possibilità di procurarsi da soli un reddito, vanno mantenuti, ma nel momento in cui raggiungono l’indipendenza economica oppure sono nelle condizioni di raggiungerla (per formazione, età ed esperienza) e ciò nonostante non vogliono introdursi nel mercato del lavoro, viene meno il diritto a ottenere il contributo assistenziale. Addio quindi a quelle sentenze di alcuni giudici che, per anni, hanno trasformato l’assegno di mantenimento in una forma di assicurazione a vita in favore dell’ex coniuge. 
Mantenimento: cosa cambia?
Gli step per ottenere l’assegno di mantenimento saranno quindi due:
  • il primo, volto a stabilire l’esistenza o meno del diritto al mantenimento;
  • il secondo, volto invece a quantificarne l’esatto ammontare dell’assegno.
Nella prima fase il giudice deve soltanto accertare la mancanza di «mezzi adeguati» o comunque l’impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive». E gli indici in base ai quali controllare l’autosufficienza del richiedente sono il possesso di redditi e di cespiti patrimoniali e le capacità di lavoro personale: rilevano i redditi di qualsiasi specie e i beni mobili e immobili, mentre le possibilità effettive di occupazione vanno parametrate all’età, alla salute, al sesso del coniuge e alle condizioni del mercato, sia per i lavoratori dipendenti sia per gli autonomi. Conta anche la disponibilità della casa familiare che, in presenza dei figli, viene sempre assegnata alla moglie. Chi chiede l’assegno di mantenimento deve dimostrare la presenza di tutti i predetti presupposti che gli consentono di rivendicare il diritto al mantenimento. In altre parole, per ottenere il mantenimento, la moglie dovrà dimostrare la «mancanza di mezzi adeguati» o «l’impossibilità di procurarseli» per ottenere un contributo economico dall’ex.
Accertato il diritto al mantenimento, il giudice passa alla seconda fase: la quantificazione del suo ammontare. E tale misura verrà determinata dal giudice tenendo conto delle condizioni e dei redditi di entrambi i coniugi, alla luce di quelle che sono le rispettive capacità economiche. Si prescinderà quindi – come invece avveniva in passato – dal valutare il tenore di vita che la coppia aveva durante il matrimonio.
In pratica, l’assegno di mantenimento non servirà più per colmare il divario tra i redditi dei due ex coniugi, portandoli a una situazione di sostanziale uguaglianza, ma implicherà solo un contributo (minimo?) in favore del più povero per consentirgli di mantenersi, ma non di avere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio. Niente più «rendite parassitarie», insomma.
(FONTE: https://www.laleggepertutti.it/.......Cass. sent. n. 11504/17 del 10.05.2017.)

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